Pìndaro
, nel V secolo a.C., definiva Akragas la più bella città dei mortali.
Fu proprio nel V secolo, infatti, che l’antica Agrigento attraversò un periodo di particolare splendore e prosperità, che consentì alla città di attuare una vera e propria monumentalizzazione degli spazi, iniziata da Teróne e proseguita con Empedocle.
Nel corso della storia le vicende si susseguirono con questo ordine: nel 480 a.C. Teróne, tiranno di Agrigento, mosse contro
Himéra
per coronare il suo sogno di uno sbocco sul Tirreno, fondamentale per ampliare il bacino dei suoi scambi commerciali.
Fu grazie all’alleanza con
Gelóne, tiranno di Siracusa
, che riuscì a sconfiggere l’esercito Cartaginese. I greci di Sicilia, infatti, ottennero nella battaglia una vittoria schiacciante, coronata da un ingente bottino e da un consistente numero di schiavi.
Moltissimi prigionieri, che nella fuga si erano rifugiati nel territorio agrigentino, furono catturati e spartiti tra gli abitanti della città: si narra che alcuni cittadini ne possedessero ben 500 a testa!
La grande disponibilità di manodopera fornita dagli schiavi cartaginesi consentì la costruzione di importanti opere. Per tutto il V secolo, Akragas era conosciuta come una città
ricca
e si presentava come un grande cantiere dove, ai lavori in corso, si alternavano templi maestosi e coloratissimi appena eretti, strade abbellite da pregiate opere d’arte e, persino, una piscina, la Kolymbèthra, nella vallata situata sotto il Santuario delle Divinità Ctonie.