Sebbene l’avvento dei romani fosse sembrato inizialmente precursore di una cruenta dominazione, distruttrice dello splendore della antica Akragas, così ben descritto anche da
Goethe
secoli più tardi, nel 198 a.C. Tito Manlio diede inizio alla ricostruzione delle rovine di Agrigentum, che vide una vera e propria convivenza tra gli akragantini scampati ai conflitti, i romani conquistatori e i coloni arrivati da altre parti dell’isola per ripopolare la città.
Nel corso del II secolo a.C., nonostante la crescita e la prosperità che caratterizzarono la città, con la monumentalizzazione dell’area pubblica e la costruzione di nuove sfarzose abitazioni per i suoi cittadini, ci furono anche alcuni momenti di instabilità. Le rigogliose campagne nei dintorni dell’abitato erano gestite da ricchi latifondisti italici che, attraverso il duro lavoro degli schiavi, le sfruttavano per ricavarne frutti e prodotti da scambiare nei commerci locali e da inviare a Roma e in Italia.
I soprusi e maltrattamenti cui gli schiavi erano costantemente sottoposti dai loro padroni, culminarono con lo scoppio delle
guerre servili
, due episodi che misero a dura prova l’equilibrio politico della città e, in generale, di tutta la Sicilia.
Ancora, nel I secolo a.C., durante il governatorato di
Verre
, la Sicilia e di conseguenza Agrigentum, furono al centro degli scandali per alcuni episodi di pessima amministrazione pubblica, di cui Cicerone, ex questore e grande oratore, scrisse nelle
Verrine
.