I cavalli, eleganti destrieri da battaglia, erano animali venerati ad Agrigento in modo più sentito rispetto alle altre città.
Esisteva ad Akragas una vera e propria esaltazione per lo spettacolo derivante dalla loro superba bellezza e sinuosità nei movimenti, tanto da innalzarne maestosi monumenti funebri e rappresentarli su vasi e monete. Un mirabile esempio, visibile al museo di Agrigento, è un’anfora di ceramica attica a figure nere (VI secolo a.C.) che, sul lato principale, ha raffigurata una quadriga guidata da Atena.
Diodòro racconta che Esseneto, famoso atleta akragantino, vinse per due edizioni di seguito delle Olimpiadi la gara dello stadio, una disciplina simile alle gare di corsa odierne; per questo motivo l’atleta, di rientro dalle competizioni, entrò in città con una scorta di 300 bighe trainate da cavalli bianchi, in un ingresso solenne e trionfale, mentre la folla lo acclamava a gran voce.
Gli esultanti festeggiamenti si conlcusero, sempre secondo Diodòro, nello stadio di Akragas, a noi non pervenuto.
Nell’antica Roma, ungersi il corpo prima di una prestazione sportiva era un vero e proprio rituale. Gli oli utilizzati erano ottenuti pestando le olive tra due tavolette di legno, ed erano spesso profumati con erbe aromatiche passate al mortaio.
In questo modo, le erbe potevano sprigionare tutta la loro essenza nell’area circostante, effetto che si amplificava grazie al calore del corpo degli atleti.