Nelle terme più importanti dell’Urbe, come quelle di Caracalla, erano presenti degli ambienti in cui i lottatori, e solo questi, si recavano per cospargersi la pelle di ceròma.
Questa era una sostanza fatta di olio e cera, fondamentale per ammorbidire la cute, e di una polvere che la rendeva più ruvida, in contrasto con l’oleosità del primo composto, che quindi impediva ai lottatori di sgusciare dalle mani degli avversari durante i combattimenti.
In età imperiale avanzata le terme diventarono un luogo di perdizione, severamente criticato dagli stessi romani.
Nei portici che circondavano le strutture, infatti, erano presenti innumerevoli botteghe di osti e bettolieri dove facilmente si trovava cibo, di ogni tipo, dolce o salato e ci si poteva ubriacare con il vino. Era quindi molto comune riunirsi in questi luoghi, tra un bagno e l’altro, per cibarsi abbondantemente e brindare ripetutamente con i calici colmi di vino.
Diverse testimonianze letterarie raccontano come le terme dell’Urbe fossero tutt’altro che dei luoghi silenziosi. I bagnanti si trovavano a discutere chiassosamente su argomenti di attualità e politica, i giocatori contavano a squarciagola i passaggi che riuscivano a fare con i palloni, mentre le estetiste parlavano, a gran voce, con le matrone che si sottoponevano ai loro trattamenti. Tutti questi schiamazzi creavano quindi una gran baraonda, in cui gli antichi romani, però, riuscivano comunque a rilassarsi.