Come abbiamo visto nel nostro percorso sulla Agrigento romana, il teatro era un punto di riferimento importante per lo svago dei cittadini. Ma ancora più fondamentale fu per agevolare la transizione dalla cultura greca a quella romana che, dopo le guerre puniche, si verificò in tutta la Sicilia.
Nella regione sono presenti chiari e continui riferimenti a questa arte, che permettono di tracciare un ideale collegamento con almeno altri tre siti Unesco: in primo luogo con Siracusa, dove il teatro greco, nella sua intatta maestosità, ospita ancora rappresentazioni che lo fanno rivivere ogni anno; poi, con le Isole Eolie, terra misteriosa dalle mille sfumature, centro di scambi del Mediterraneo sin dai tempi più antichi, dove sono state rinvenute pitture vascolari di argomento teatrale e, soprattutto, più di un migliaio di terrecotte che costituiscono in Italia la documentazione più completa e antica relativa al costume scenico dell’età greca.
Infine, è d’obbligo citare il Monte Etna, grandioso vulcano che sovrasta tutta la zona del catanese dove Euripide decise di ambientare il dramma satiresco “Il Ciclope”, una parodia dell’episodio di Polifemo narrato da Omero nell’Odissea.
Nei primi del ‘900 l’opera è stata rielaborata da Pirandello: le tematiche che l’autore racconta nel suo “U Ciclopu”, impregnate di forti suggestioni che richiamano la Sicilia a lui contemporanea, e il linguaggio utilizzato nella stesura del lavoro, il dialetto girgentano, ci riportano al territorio agrigentino e alla Valle dei Templi, madrepatria dello scrittore e fonte, per lui, di inesauribile ispirazione.