Nell’area alla foce del fiume Akragas, in una zona caratterizzata da una
duna sabbiosa
, oggi solo parzialmente conservata, sorgeva il porto dell’antica città di Agrigento, divenuto poi della città romana e in seguito di quella bizantina.
Il luogo è ricordato da Diodòro, Polìbio e Livio come
emporion
staccato rispetto alla città che si trovava, infatti, nell’entroterra, a circa 3 chilometri dal mare.
A partire dagli anni ’20 del secolo scorso, sono state condotte delle campagne di scavo sul lato sinistro della foce del fiume e, le testimonianze ivi rinvenute, hanno permesso di accertare come il porto di Agrigento fosse uno snodo tra i più importanti del Mediterraneo, coinvolto nelle rotte per l’Africa e per Roma, nonché fondamentale tappa per le navigazioni costiere a breve distanza.
Oltre ad alcune strutture murarie riferibili a dei magazzini ed un pozzo, sono stati messi in luce due nuclei di sepolture con anfore di produzione africana databili tra il VI e il VII secolo d.C.
Le
monete
rinvenute nell’area del parco archeologico confermano che gli scambi con questi paesi, in realtà, hanno radici molto più antiche.
In aggiunta a quelle di Akragas, sono state rinvenute tipologie provenienti da Cartagine e da alcune città della Grecia come Atene e Corinto, oltre che dalle città più importanti della Magna Grecia: Napoli, Taranto, Reggio e Sibari. I
bolli
della ceramica sigillata italica rinvenuta nel quartiere ellenistico-romano hanno, inoltre, accertato fiorenti scambi commerciali con i ceramisti dell’Italia centrale.