Grazie alle dettagliate descrizioni del tempio di Zeus Olimpio che ci hanno lasciato
Diodòro Siculo
e Polìbio, è stato possibile ipotizzare delle riproduzioni non solo della struttura del tempio, ma anche delle decorazioni che lo abbellivano nel periodo del suo massimo splendore.
I
frontoni
del tempio ospitavano la narrazione di due distinti episodi: sul lato est, quello principale, era raffigurata una Gigantomachia, la guerra tra i giganti ribelli e gli dei; sul lato ovest, invece, la presa di Troia da parte dei Greci.
Si trattava di due gruppi scultorei
a tuttotondo
, probabilmente in marmo bianco, che quindi richiamavano la colorazione bianca delle colonne. Alcune ipotesi, non confermate, suppongono che il
guerriero di Agrigento
, i cui frammenti marmorei sono stati rinvenuti tra l’area del tempio di Zeus e quello di Èracle, potesse far parte di uno dei due solenni gruppi scultorei.
Come per tutti i templi della Valle, si può ragionevolmente supporre che anche quello di Zeus in realtà non si presentasse della colorazione giallo ocra della
calcarenite
, tipica degli edifici dell’agrigentino, ma che, piuttosto, fosse colorato e trasmettesse quindi eleganza e vivacità.
Dalle riproduzioni effettuate dal Museo Archeologico è possibile notare che le colonne dovevano avere una colorazione bianca, così come i telamóni, mentre più in alto, sul fregio, i
trìglifi
avevano la classica tonalità azzurra, chiusa da una fascia rossa sottostante.