Questo piccolo quartiere deve il suo nome alle botteghe ebree in cui veniva raffinata la cosiddetta “cannamela”, la canna da zucchero.
Secondo la tradizione antica, la pianta veniva estirpata, raccolta in “fasci” e trasportata nel trappeto o frantoio, dove era macinata da una ruota idraulica e in seguito spremuta.
Il liquido, bollito in grandi caldaie di rame era posto quindi in vasi dalla forma conica chiamati “furmi”.
I “pani” di zucchero, ormai solidi, venivano lasciati ad asciugare per 40 giorni su scaffali, e infine esportati con la supervisione, durante tutta la fase di lavorazione, del “mastro di zuccheri”.