In Viaggi e scritti letterari del 1980, Cesare Brandi dedica a Pantalica un capitolo dal titolo “Quella fata Morgana chiamata Pantalica”, in cui racconta con parole suggestive il suo viaggio nella valle dell’Ànapo, scoprendo nell’incessante metamorfosi di Pantalica, una dimensione surreale e misteriosa:
«Di tutte queste vicende, Pantalica si conserva come un teschio: grandi occhiaie vuote, allineamenti di grevi massi rozzamente abbozzati, come residuo di una reggia. Le occhiaie vuote sono le tombe preistoriche o forse in seguito anche abitazioni […] Questa è Pantalica un luogo da visitare senza niente da vedere, da vedere senza niente da visitare, ma come un paese trovato varcando uno specchio, è quasi una fata Morgana che si è fatta avvicinare senza sparire di colpo».