I capitelli binati su doppia colonnina del chiostro, esempio di scultura romanica a respiro internazionale, secondo recenti studi sono riconducibili, in gran parte, a uno scultore provenzale denominato “maestro dei putti”.
Il magister impegnato nella cattedrale di Cefalù intorno al 1160 e che, successivamente, lavorò nella fabbrica di Monreale, testimonia il clima culturale dell’epoca.
I maestri scalpellini e scultori, infatti, giravano per i grandi cantieri, portando novità stilistiche.
Analizzando la conformazione architettonica del Chiostro di Cefalù si riscontrano delle analogie in un certo numero di capitelli, quindi riconducibili allo stesso artista. Ad esempio, sono presenti delle decorazioni con foglie di acanto collocate nella parte iniziale della coppia di capitelli che procedono, sia verso l’alto che verso il basso, seguendo un comune percorso ornamentale.
In particolare, le foglie poste in alto si allargano ad arco fino a formare una corona che sostiene quelle posizionate in basso
Queste ultime si aprono all’infuori per configurare un angolo retto sul quale poggia la decorazione figurata con raffigurazioni antropomorfe, zoomorfe.
Le trentatré coppie di capitelli istoriati, lavorati in unico blocco, presentano un apparato scultoreo con iconografia diversa: narrativa o figurata, con animali e con vegetali.
Nei capitelli si ritrovano scene tratte dalla Bibbia, decorazioni con animali, come scimmie, cervi, aquile e animali fantastici (grifi alati) e raffigurazioni umane come quelle dei sei acrobati o dei dominatori con galli.
Tutto l’apparato scultoreo è unito non solo da uno stile geometrico, decorativo e ornamentale che rende elegante le scene ma anche da un particolare programma teologico che ha il suo incipit nella creazione dell’uomo e termina con il momento catartico della salvezza.
Tra i repertori più complessi sicuramente vanno menzionati i capitelli con l’Arca di Noè e con Adamo ed Eva.