All’estremo nord del lungomare di Santa Marina, nell’isola di Salina, si può visitare parte di un complesso termale di età romana in uso durante i primi secoli dell’età imperiale, e riutilizzato in età romana tarda, almeno fino agli inizi del VI sec. d.C., come stabilimento per la lavorazione e la salagione del pesce, principalmente sardelle e per la produzione del garum, una salsa liquida di interiora di pesce e pesce salato che gli antichi Romani aggiungevano come condimento a molti primi e secondi piatti.
Un deposito alluvionale di sabbia e pietrisco vulcanici derivati da Monte Fossa delle Felci ricopriva i livelli di abbandono delle strutture murarie.
L’intero complesso oggi si presenta danneggiato dall’erosione provocata dagli agenti atmosferici e dalle frequenti mareggiate favorite nel tempo dalla progressiva riduzione della spiaggia.
Dell’edificio termale sono visibili il lungo muro frontale con brevi tratti dei muri perpendicolari degli ambienti, costruiti con ciottoli e malta e rivestiti da intonaco anche dipinto, di cui si conserva traccia in un ambiente.
Sul lato meridionale si conserva un lembo del calidarium (sala calda) con l’ipocausto, costituito da pilastrini litici resistenti al calore e mattoni di terracotta, dove circolava l’aria calda destinata a riscaldare l’acqua nella vasca soprastante.
Nell’area centrale è una vasca di dimensioni maggiori, cui si accedeva tramite tre gradini posti sul lato meridionale, destinata ai bagni in acqua tiepida (tepidarium) o fredda (frigidarium). In età tardo romana l’edificio viene riutilizzato in tutte le sue componenti. La costruzione di nuovi muri apporta modifiche nella planimetria generale mentre nel terrazzo superiore gli ambienti vengono colmati con terra e pietrame e viene rialzato il livello pavimentale costituito da lastre in terracotta e tegole.
Per la lavorazione del pesce salato vengono impiantate numerose vasche di varia forma e dimensioni e riutilizzate alcune delle vasche dell’impianto termale.
A questa fase appartiene anche il pozzo addossato al muro frontale delle terme, visibile nella parte centrale dello scavo. Si può ipotizzare che l’industria del pesce salato di contrada Barone fosse in relazione con l’impianto delle saline ritrovato nel laghetto della frazione di Lingua, distante 6 chilometri circa, anch’esso già in uso in età romana.