La mitologia greca collocò nell’antro dei vulcani l’
officina di Efesto
: gli strani rumori che si sentivano nelle caverne dell’isola di Vulcano erano il rombo dei martelli ed il crepitio del fuoco dell’officina del dio.
In età cristiana, invece, si pensò alle strida ed ai gemiti dei dannati provenienti dall’Inferno.
Per San Gregorio Magno i vulcani delle Eolie erano le porte degli Inferi, le bocche eruttanti il fuoco dei tormenti che Dio rende visibili agli uomini, per spaventarli e portarli a seguire la via della salvezza.
Nacquero, quindi, intorno ai vulcani delle Eolie numerose leggende.
Una delle più famose è quella dell’eremita di Lipari narrata dallo stesso San Gregorio Magno.
L’uomo che viveva in solitudine, lo stesso giorno della morte di Teodorico, nel 526 d.C., avrebbe visto l’anima del re Goto, discinto, scalzo e con le mani legate, gettata nel cratere di Vulcano dal Papa Giovanni e dal Patrizio di nome Simmaco che egli aveva fatto uccidere.
Carlo Martello nel 741 d.C. che aveva arrestato a Poitiers l’invasione musulmana e salvata la civiltà europea, sarebbe finito nel cratere dello Stromboli.
San Pier Damiani narra, nella vita di Sant’Odilone, abate del monastero di Cluny in Borgogna (vissuto tra l’800 e l’850 d.C.), che un religioso dell’Aquitania, tornando da un pellegrinaggio in Terrasanta, dovette rifugiarsi a Vulcano a causa di una tempesta. Qui trovò un vecchio eremita che udiva questi gemiti ed anche i lamenti delle anime che venivano tormentate dai diavoli, i quali si arrabbiavano quando qualche anima era tolta loro, a causa delle preghiere e delle elemosine da parte dei vivi.
Il religioso, tornato in Francia, riferì ciò a Sant’Odilone, il quale dispose allora che in tutti i conventi dell’ordine benedettino ci si dedicasse alla commemorazione dei defunti il giorno successivo a quello in cui si onorano tutti i Santi. Nacque così la festa del 2 novembre che ancora oggi viene universalmente celebrata.