L’11 gennaio del 1693 la Sicilia intera venne sconvolta da un fortissimo terremoto. Una scossa di magnitudo 7.4 colpì la costa orientale della Sicilia, tra Catania e Siracusa. Passato alla storia come il “terremoto del Val di Noto”, il devastante sisma distrusse più di 45 centri abitati causando almeno 60 mila vittime. Le scosse furono così potenti da dare vita a un devastante maremoto nel mar Ionio, le cui onde arrivarono fino in Grecia. Il terremoto giunse al culmine di uno sciame sismico durato qualche giorno: due giorni prima, la sera del 9 gennaio 1693, un altro forte terremoto, ma meno violento di quello dell’11, interessò la zona, facendo crollare alcuni edifici e provocando dei morti. Il sisma che si verificò l’11 gennaio fu seguito, nei due anni successivi, da più di 1.500 scosse d’assestamento.
In ben 70 centri abitati l’intensità del terremoto fu maggiore o uguale al nono grado della scala Mercalli. Crolli e danni gravi ci furono anche a Messina e in alcuni centri della costa nord-orientale, fra cui Patti e Naso; lesioni e crolli parziali si ebbero a Palermo, Agrigento, Reggio Calabria e, più gravi, a Malta; danni più leggeri ci furono in alcuni centri della Calabria meridionale.
Il bilancio fu dei peggiori: a Catania morirono circa 16.000 persone su una popolazione di 20.000 residenti; a Ragusa circa 5.000 su 9.000; a Lentini 4.000 su 10.000, a Siracusa 4.000 su 15.000, a Militello 3.000 vittime su 10.000. Con questi numeri, oltre ad essere il più intenso terremoto della storia d’Italia, si è anche aggiudicato il posto come secondo sisma più disastroso della nostra penisola, preceduto solo da quello del 1908 nello Stretto di Messina (che fu di magnitudo 7.2, ma provocò oltre 120.000 morti) e il 23° come terremoto più disastroso della storia di tutta l’umanità (quello dello Stretto è al 12° posto).
L’unico aspetto “positivo” del terremoto del 1693 fu quello della ricostruzione che ne seguì. Fu valorizzato, infatti, il barocco siciliano, lo stile architettonico con cui furono ricostruiti i centri distrutti da quel sisma nel corso del ‘700. Se oggi Noto, Ragusa, Catania, Siracusa e moltissimi altri centri grandi e piccoli della Sicilia sud/orientale possono vantare un favoloso patrimonio artistico, lo devono a quella ricostruzione che mise in piedi veri portenti di arte tardo barocca.