Inoltrarsi, dal portale principale rivolto ad ovest, all’interno dell’edificio sacro, dedicato da
Guglielmo II d’Altavilla
a Santa Maria Natività della Vergine, induce a partecipare alla più impenetrabile espressione dell’infinito, attraverso un percorso intriso di arte che richiama, al contempo, ad una venerazione profonda. Gli ambienti che poggiano su una
pianta a croce latina
, sembrano sovrapporsi, con dinamico incedere di forme e colori, in un continuo crescendo.
La basilica si sviluppa in direzione longitudinale, a partire dalle tre
navate
che suddividono il corpo centrale con nove file di colonne, ritmicamente disposte, su ciascun lato della navata principale.
A partire da essa è possibile distinguere la parte orientale della chiesa che rappresenta una unità a sé stante e funzionale agli edifici vicini, il
monastero
, la
Torre dell’Abate
a sud e il
palazzo reale
a nord. La necessità di raccordo tra i vari elementi architettonici risulta evidente già dalla conformazione della pianta della Cattedrale che, dalle origini, prevede addossati ai due grandi pilastri orientali del
transetto
, uno di fronte all’altro, sia il
trono arcivescovile
che il
trono reale
riconducibili alle adiacenti architetture di riferimento. La parte conclusiva della navata centrale, poco prima di oltrepassare l’
arco trionfale
, rientra già nello spazio occupato dal
presbiterio
.
L’estensione dell’area delle navate si dispiega, fin da subito, nell’equilibrio che ha raccordato decorazione e architettura, in dalle origini, creando per entrambe un senso indistinto di meraviglia per chi entra, a differenza della
Cappella palatina
e del
Duomo di Cefalù
, costruzioni normanne nelle quali prevalgono per l’una lo straordinario scintillio delle pareti istoriate, per l’altra l’imponente struttura dell’edificio. L’ordinata sequenza, delle diciotto
colonne
della navata maggiore, un tempo più omogenee, su cui si distinguono
capitelli
irregolarmente distribuiti secondo le dimensioni del
fusto
, delimita le dimensioni della zona inferiore delle pareti laterali, prive di immagini ma non di decorazioni.
L’assenza di qualsiasi forma di narrazione a mosaico era finalizzata a mantenere l’attenzione del fedele verso la sacra rappresentazione liturgica. In quest’area i
pulvini
che sovrastano i capitelli determinano l’inizio degli ornati musivi secondo un progetto che l’architetto aveva diversamente studiato con l’utilizzo di profili e modanature, anche per gli altri ambienti del Duomo.
L’intero manto musivo dell’interno, realizzato da maestranze bizantine e artisti locali, in un arco di tempo piuttosto lungo racchiuso tra il 1177 e il 1183 circa, si sviluppa seguendo una puntuale logica teologico – dogmatica, a partire dai mosaici della navata principale, in cui risaltano le scene dalla
Creazione al ciclo di Giacobbe
, dell’Antico Testamento, agli
episodi della Vita di Cristo
, visibili nelle navate laterali e descritti nel Nuovo Testamento.
In questo iniziale percorso, nel quale si è pervasi da un sentimento arcano e inesprimibile, l’attenzione non può che posarsi sulla grandiosa immagine del Cristo Pantocratore, situata nella zona absidale, in eloquente dialogo con l’insieme dell’architettura.