Il palazzo ha la forma di un parallelepipedo e si presenta con un volume compatto e austero alleggerito solo dai vani nel prospetto inseriti con una partitura ritmata e discreta. Il piano terra si distingue per la presenza di un corridoio porticato di grandi dimensioni aperto nei lati corti e con tre fornici di accesso, con doppi archi ogivali, sulla facciata principale. Il fornice centrale, di maggiori dimensioni, corrisponde all’arco che inquadra l’ingresso alla sala della fontana. Un particolare curioso suggerisce una visone accurata: il dipinto posto nel sottarco di ingresso, dove varie piccole figure animano lo spazio. Sono queste chiamate, nella tradizione popolare, “i diavoli della Zisa”.La leggenda, nata intorno a queste immagini, racconta della impossibilità di determinarne il numero preciso, che varia ogni volta che si guardano e si contano.
Nella sala della fontana, nella parte sottostante i mosaici, fluiva l’acqua che andava a riversarsi tramite una lastra marmorea, in una canaletta a livello del pavimento, intervallata da vasche e decorazioni in opus sectile. Questo canale collega le vasche interne con la grandiosa peschiera, situata all’esterno, davanti al prospetto, in posizione simmetrica allo stesso. Sembra di sentire ancora oggi l’acqua zampillare e scorrere lenta tra i mosaici.
Sfiorare le tessere degli ornati musivi che si aprono sul lato occidentale della sala della fontana è un’emozione che non capita tutti i giorni. I mosaici non affrontano come di consueto temi legati alla vita spirituale ed ecclesiastica, ma hanno una tematica laica. Di tipo bizantino e con iconografie islamiche, i pannelli musivi, si compongono di minuscole tessere scintillanti. Dal fondo oro, raffigurano al centro, entro un tondo decorato da motivi intrecciati e vegetali, due arcieri affrontati mentre saettano uccelli appollaiati sugli alberi; mentre nei due tondi laterali ci sono coppie di pavoni affrontati che beccano dei datteri che pendono dalle palme.