Quella corona di monti che circonda Palermo e ricorda la forma di una collana trova già riscontro, in epoca antica, nella
lingua greco-fenicia
degli antichi abitanti della città, sebbene l’origine greca e poi latina del nome, Panormos/Panormus, racchiuda anche il significato di porto con ancoraggio profondo, tuttavia, non specificatamente attribuibile in quanto utilizzato anche per altri siti. Già nel XII secolo, la fiorente vegetazione del paesaggio di questa vasta piana colorata dalle sfumature rosa dei fiori delle
lumie
, dai toni accesi delle arance o, ancora, dei melograni, simili alle striature ardenti di tramonti senza tempo, veniva minuziosamente descritta da
Ugo Falcando
.L’accostamento del termine “
conca
”alla feconda pianura, oltre che ricollegarsi ad una definizione barocca del gesuita
Giuseppe Mazara
, potrebbe rimandare alla sua rappresentazione iconografica, di età moderna, nella conchiglia presente nel gruppo scultoreo del
Genio di Palermo
presso Palazzo Pretorio.Andando a ritroso nel tempo, anche il termine arabo
dāra
è riconducibile al circuito di monti che si elevano, quasi a volerla proteggere, attorno alla rigogliosa piana di Palermo.
La città sembra esprimere, già dagli aggettivi riportati dalla locuzione erudita locale “Panormus, Urbsfelix, Concha aurea”, sia un collegamento al florido tesoro naturale che la circondava che un riferimento alle presunte sabbie aurifere del fiume Oreto, la cui stessa etimologia deriverebbe dalla presenza dell’oro. Il colore di questo metallo nobile, associato al rosso purpureo di origine regale, riprende la
tradizione araldica
già presente in epoca romano bizantina e le
corrispondenze cromatiche
della città di Palermo, nel Medioevo islamico.