Oltrepassata la tenda che doveva coprire l’ingresso di questo ambiente di rappresentanza, collocato nel percorso privato del Peristilio, lo sguardo doveva essere rapito, come oggi, dalla moltitudine di colori delle tessere che compongono il mosaico del pavimento. Su di esso sono rappresentate tutte le fasi di una battuta di caccia con cani che vede impegnati il dominus con la sua famiglia e alcuni servi. Lo scenario è quello del ricco e rigoglioso paesaggio che circondava la residenza tardoantica, con le specie arboree presenti, in quel tempo, nei boschi. A partire dall’alto, ecco raffigurata la partenza della caccia con un uomo e due levrieri che avanzano con agilità. Alcuni cipressi nascondono la fuga di una volpe inseguita, con un ritmo sempre più dinamico, da altri segugi. Osservate la resa del movimento che traspare anche dal rigonfiamento del mantello purpureo del cacciatore.
Al di sotto, l’azione sembra arrestarsi con la celebrazione di un sacrificio campestre con personaggi di alto rango che, accompagnati da alcuni servi, si dispongono vicino ad un’ara collocata davanti all’effige di Diana, dea della caccia. I colori vivaci delle vesti dei protagonisti risaltano per la loro resa cromatica! Se volgiamo lo sguardo poco più in basso, una colazione all’aria aperta occupa gran parte dell’area tra due registri. L’atmosfera è distesa, i protagonisti, circondati da servi intenti in altri lavori, siedono su un ampio divano semicircolare, davanti alla mensa, riparata da una tenda rossa. Abbassiamo, ancora, lo sguardo e la scena riprende dinamismo con la caccia alla volpe e alla lepre. Un cacciatore a cavallo l’ha avvistata e si sta preparando a colpirla. Al termine di questo magnifico scorcio di vita in villa, è rappresentata la caccia ai cervi e al cinghiale, in un contesto naturale più roccioso e meno verdeggiante, che fa da cornice a momenti più impegnativi di questa attività riservata alla famiglia del dominus e al suo seguito.
La prima scena è così ben rappresentata nei particolari, che si ha l’impressione di sentire l’incedere dei cani sul terreno boschivo dai colori digradanti e i passi dei cacciatori farsi strada tra i cespugli, simili alle agavi. Poco distante si sente lo stridio di un falco posato sulla spalla di un uccellatore, nell’attesa di prede visibili, mentre un vivace crepitio proviene dal braciere di un’ara in cui stanno bruciando resine e incensi per il sacrificio campestre davanti ad una statua di Diana, divinità della caccia. Al di sotto, la rappresentazione di una colazione all’aria aperta sembra animata dalle voci dei commensali e dal calpestio degli zoccoli dei cavalli, messi a riposo sotto le fronde degli alberi.
Dopo il riposo, la battuta di caccia riprende nelle scene sottostanti. Il respiro di un segugio, dal manto scuro, diventa affannoso. Esso ha le fauci spalancate nel tentativo di afferrare una volpe, prima che scompaia tra le rocce e una lepre, al contempo, si nasconde in un cespuglio provocando un forte fruscio delle foglie.
Il paesaggio delle scene sottostanti è meno florido e i passi dei cacciatori e dei loro destrieri si fanno più sordi. La terra battuta attutisce il galoppo di tre cavalli, cavalcati da cavalieri all’inseguimento di tre grandi cervi, ormai, destinati ad impigliarsi, con le lunghe corna, tra le maglie di una larga rete. In una parte di terreno paludoso si ode stridere un cinghiale, ormai braccato da cani e cacciatori, dopo aver ferito un uomo disteso a terra con la sua lancia spezzata.
Il bosco che circondava la villa, oltre ad essere un luogo di otium indicato per le battute di caccia del dominus e della sua famiglia, custodiva una rigogliosa vegetazione composta dalle più svariate specie arboree di cui, ancora oggi, grazie a specifiche ricerche, si sono trovate utili testimonianze.
Esse sono, realisticamente, rappresentate nel mosaico pavimentale di questo ambiente e, andando a ritroso nel tempo con la mente, ci sembra di poter percepire il profumo caramellato dei lecci e quello aromatico dei frutti del carrubo e dei ginepri. L’odore intenso di resine e di incensi, bruciati sull’ara, al cospetto dell’effige di Diana, si propaga nell’aria quasi a voler sottolineare l’importanza del rito propiziatorio che accompagnava l’arte venatoria. La scena che occupa la parte centrale del mosaico trasmette, a chi osserva, la quiete del banchetto all’aria aperta intrisa di odori speziati provenienti dalla mensa a cui si aggiungono quelli, altrettanto gradevoli, delle vivande contenute nelle ceste.