Gli ebrei siracusani si stanziarono principalmente a Ortigia, in quel tessuto urbanistico che si era aggregato dal Medioevo in poi e che rifletteva, ancora, l’antico impianto greco.
Faceva parte del quartiere ebraico il vicolo I alla Giudècca, la via del Crocefisso, fino alla contrada “di li muragli”, dove sorgevano piccole case con giardini e vigne. Molte case ebraiche sorgevano in contrada “del pozzo che sbruffa”, il cui nome si riferiva, probabilmente, a un pozzo collegato al mare da cui fuoriusciva acqua. Il quartiere era punteggiato da edifici che avevano un piano inferiore dedicato ai commerci, a cui erano annessi cortili con pozzi e giardini, e un piano superiore adibito ad abitazione.
Il centro delle attività commerciali erano le cosiddette platee, termine che può indicare sia le piazze che le vie commerciali con le botteghe. Tra le più note, la contrada della Ferraria era così chiamata per via della concentrazione delle
botteghe dei fabbri
, mentre nella zona tra via Nizza e il belvedere San Giacomo vi erano i trappeti, più comunemente i frantoi.
Noto era anche il quartiere della Cannamela, che conserva nel suo toponimo il ricordo delle botteghe in cui veniva raffinata la cosiddetta
Cannamela
(canna da zucchero). Nella zona di via Vittorio Veneto si trovavano una pescheria e vari
forni
della comunità per la cottura delle
mazot
, gli azzimi della Pasqua ebraica. I mercati molto vivaci e forniti, erano un’attrattiva anche per gli stessi siracusani, mentre nel quartiere si trovava la contrada macellorum iudeorum, per la
macellazione
rituale della carne destinata agli ebrei.