All’ingresso dell’isola di Ortigia, il basamento di alcune colonne e una parte della cella costituiscono le rovine monumentali del Tempio di Apollo, il più antico tempio dorico della Sicilia orientale.
La costruzione, del 565 a.C., presentava una
perìstasi
di sei colonne sul fronte e diciassette sul lato lungo. L’edificio, orientato a est, era preceduto da un basamento di quattro gradini su cui era presente un’incisione in greco che riportava una dedica al dio Apollo e i nomi dell’ideatore del tempio e del costruttore delle colonne. La
cella
, preceduta da un vestibolo, era suddivisa in tre navate da due file di colonne disposte su doppio ordine. Il materiale impiegato per l’edificazione del tempio è il tipico calcare siracusano chiamato “
giuggiulena“.
Poiché l’importazione del marmo era troppo costosa, tutti i templi erano costruiti con la pietra calcarea locale, mentre le parti più nobili, come le statue delle divinità, erano marmoree.
La copertura dell’edificio era rivestita da lastre di terracotta arricchite da motivi decorativi di una vivace policromia in rosso e blu; mentre i fori per l’acqua piovana presentavano la forma di rosette.
Il frontone del tempio era infine decorato da una terrificante testa di
gòrgone
dalle zanne affilate e lo sguardo mostruoso, posta come custode del tempio.
Un tèmenos, il recinto, circondava il tempio separando l’area sacra dallo spazio profano e ospitava al suo interno un altare presso cui il sacerdote eseguiva i
sacrifici
alle divinità. Il monumento subì numerosi cambiamenti nel corso dei secoli: fu trasformato in chiesa bizantina, in moschea islamica, successivamente in chiesa normanna e fu, infine, inglobato in una caserma spagnola.
Solo nel XVIII secolo, la nascita dell’archeologia moderna restituì all’antico luogo del culto greco la sua originaria dignità.