La costruzione, dovuta al barone Melfi, sembra possa ricondursi alla seconda metà del XVIII secolo.
Il gusto degli intagli e delle aperture delle finestre ci suggerisce una sua collocazione temporale che oscilla tra 1750 e 1770. Sebbene sia stato costruito su un’area presumibilmente libera della nuova Ragusa, esso presenta all’interno alcune irregolarità, tali da far pensare ad un acquisto seguìto da una successiva demolizione di case preesistenti che, in parte, ne hanno condizionato la costruzione.
L’interno, suddiviso in piccoli vani regolari, è molto sobrio, come la scala che lo attraversa, stretta e racchiusa tra due muri.
Lo stile misurato che pervade gli ambienti, viene interrotto dalle decorazioni di una stanza del piano nobile, che, per il loro aspetto stilistico, rientrano tra gli esempi in voga nei primi anni dell’Ottocento.La parte dell’edificio che desta maggiore interesse è, certamente, quella dei due prospetti ad angolo in cui risalta, nel loro punto di unione, lo stemma araldico della famiglia Melfi, incorniciato da foglie d’acanto impreziosite dalla presenza di due putti. Le facciate sono arricchite da balconi, a petto d’oca, sorretti da mensole figurate, che ospitano una sirena, musici e volti grotteschi, un portale con colonne libere, realizzate in pietra pece, e fantasiose finestre con timpani spezzati.
L’impiego della pietra pece e di modelli centro europei, fa presupporre la presenza, nella fabbrica, della famiglia Cultraro, impresari e capomastri del luogo. Alcuni tra i suoi esponenti, tra cui Costantino Cultraro, assunsero il titolo di architetto.